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Dante nacque a Firenze da una famiglia di antica nobiltà. A dirla tutta il vero nome di Dante era Durante, ma egli si convinse subito di avere bisogno di un nome d’arte poiché capì molto presto che questo nome non gli avrebbe portato fortuna, decise perciò di cambiarlo in Dante. Il padre, Alighiero, era un noto cambiavalute ma la sua “fama” era data per lo più dalle attività illecite che Alighiero svolgeva sottobanco, soprattutto quella di usuraio, uno “strozzino” dei giorni nostri. La professione di strozzino non faceva di lui propriamente un santo, ma per il figlio Alighiero pagò tutti gli studi necessari. Se dovessi immaginare Dante e il suo rapporto con la letteratura lo vedrei sicuramente come un narcisista, uno che bazzica la cerchia dei poeti stilnovisti soprattutto per gongolarsi della sua bravura, in poche parole uno che “se la tirava” abbastanza nonostante non fosse tutto questo granché di bellezza (si racconta che nella vecchiaia gli comparve anche una bella gobba). Nato sotto il segno dei Gemelli, si gonfiava di orgoglio per la sua arguzia, di cui a quei tempi si pensava fossero particolarmente dotati i nati sotto questa stella.
Dal punto di vista sentimentale, invece, Dante fu da sempre innamorato di Beatrice, la figlia del banchiere Folco Portinari, ma a dodici anni fu promesso sposo a Gemma Donati. Già è strano che un membro della famiglia Alighieri che non era ben vista dal popolo, fosse promesso sposo ad un membro di una delle famiglie più importanti di Firenze e quindi Dante avrebbe dovuto rispettare la donna che gli era stata affidata, seppur da Gemma ebbe dei figli, il suo cuore rimase eternamente di Beatrice. Quindi la povera donna subì sia il danno di avere un marito che non se la “filava” di striscio, sia la beffa di non essere menzionata in nessuna delle opere del marito. Il sommo poeta ebbe anche una vita politica intensa: fu eletto priore della città di Firenze, una delle cariche comunali più alte, ma nel 1301 durante una visita diplomatica a Roma papa Bonifacio VIII ormai al potere di Firenze lo condannò in contumacia e al rogo.
Al nostro poeta quindi non rimase altro che chiedere ospitalità ai signori dell’Italia centrosettentrionale.
Ora, però, tralasciamo questo mio dire scherzoso per affermare una solenne verità: anche se caratterialmente un tipo come Dante ai giorni nostri l’avremmo considerato un semplice “soggettone”, a lui va il merito sacrosanto di essere davvero il Sommo Poeta, decisamente IL POETA PIU’ GRANDE DELLA STORIA e rimane il padre indiscusso della Letteratura Italiana.

Saverio Tozzi
IIIB IPSSAR